Io ti vedo




Se ne stava seduto lì su una panchina, mentre pioveva a dirotto, lo sguardo spento, il corpo pieno di lividi.

Mi avvicinai lentamente per non spaventarlo, ma lui scattò come una molla lontano da me.

«Non voglio farti del male.» dissi io.

«Dicoon tutti così!» rispose, urlando con gli occhi chiusi.

Quelle parole rimbombarono nella mia testa.

Mi ricordavano di quando io ero solo una bambina in un angolo che aspettava il suo aguzzino.


Respirai profondamente, poggiai l’ombrello a terra e mi sedetti sulla panchina.

«Comprendo la tua paura, continuai, ma il tempo dei mostri è finito, sono venuta a salvarti.»

Aspettai pazientemente che lui si avvicinasse a me. Passarono ore, poi  giorni, ma a un certo punto lui si accostò a me.

E smise di piovere.


Ci guardammo negli occhi per un po’, consci del  nostro dolore, ma soprattutto del fatto che non eravamo più soli.


Nei giorni a seguire giocammo nel parco, ci sdraiammo sul prato sentendo la terra sotto i piedi. La sensazione di appartenere l’uno all’altro guidava i nostri passi che diventavano sempre più simili, fino a sovrapporsi.


Lui tutto timido mi disse:

«Sei il mio eroe.»

Io senza esitare risposi:

«Tu sei stato il mio, adesso tocca a me.»

Iniziammo a piangere insieme fino a che una piccola stella non passò sopra di noi.

Eravamo di nuovo un’unica cosa.

Commenti

Post popolari in questo blog

L’uomo senza volto

Un amico speciale